Maria Pia Giovannini, presidente del CDTI, intervista Nesa Mohammadi, da direttrice della facoltà di ostetricia a Kabul alle pulizie, e presenta il progetto “Donne STEM” del Club
In occasione della Giornata Internazionale della Donna, il CDTI di Roma è orgoglioso di presentare l’intervista della Presidente Maria Pia Giovannini a Nesa Mohammadi, ex direttrice di facoltà di Ostetricia a Kabul e professionista sanitaria con una lunga esperienza accademica e clinica.
La sua storia rappresenta emblematicamente il percorso di molte donne afghane fuggite dal proprio paese dopo il ritorno dei Talebani: donne di grande valore professionale che però in Italia incontrano barriere spesso insormontabili per esercitare il proprio lavoro.
Progetto “Donne STEM” del CDTI: la missiva della Presidente Giovannini
In occasione della festa dell’otto marzo, il Club ha voluto testimoniare la sua attenzione all’affermazione delle donne nel mondo del lavoro attraverso la storia di una donna che sta lottando per trovare un lavoro adeguato alle sue competenze professionali.
La giovane Nesa è una delle donne afgane che è riuscita ad arrivare in Italia nel 2021, quando la NATO ha ritirato le truppe dall’Afghanistan, consentendo così il ritorno del regime dei Talebani. Da quel momento, Nesa ha provveduto a espletare tutte le pratiche per acquisire il permesso di soggiorno, la cittadinanza italiana e l’equiparazione dei suoi titoli di studio. Nesa è un’ostetrica laureata in Iran che, oltre ad aver svolto la sua professione in ospedali e cliniche afgane, ha anche insegnato presso l’Università e conosce quattro lingue.
Purtroppo, pur essendosi impegnata molto per cercare un lavoro adeguato al suo curriculum, oggi Nesa svolge servizi di pulizia in una scuola. Nonostante la conclamata carenza di personale nel settore sanitario, non è riuscita a trovare una posizione lavorativa né nel settore pubblico né in quello privato, neanche per brevi periodi o contratti temporanei.
Questa testimonianza rappresenta una delle ragioni per cui oggi, come espresso nell’articolo di Repubblica di ieri, “abbiamo in Italia un tesoro che stiamo sprecando: 8 milioni di donne senza lavoro”. Di questi, 7,8 milioni sono donne inattive che non lavorano per motivi familiari, il 65% sono disoccupate di lungo periodo, il 37% sono laureate contro il 24% di laureati uomini, anche se gli uomini occupati sono in percentuale superiore.
Da alcuni anni, il Club è impegnato nel monitorare il ruolo femminile nel mondo delle tecnologie, osservando ciò che avviene nelle realtà aziendali di cui i Soci hanno conoscenza. La presenza femminile nel Club, sebbene sia cresciuta negli ultimi anni, si
attesta su una percentuale in linea con le medie nazionali.
Ma il Club non vuole limitarsi alla sola misurazione della realtà, bensì intende agire per migliorarla. Pertanto, il CDTI si propone come luogo di ascolto e cooperazione per le donne STEM, volto a migliorare la posizione femminile nella società e a contribuire a riequilibrare la parità di genere nell’uso e tramite l’uso delle tecnologie informatiche.
Il Club vuole promuovere iniziative per rappresentare un punto di aggregazione per le donne STEM, in particolare per quelle della Pubblica Amministrazione, per accrescere la consapevolezza dell’importanza del loro ruolo. Infatti, lavorando nelle amministrazioni pubbliche la sensibilità femminile riesce a meglio coniugare le competenze professionali nelle tecnologie con la capacità di incidere sul sociale innovando i servizi pubblici. E per questo il Club si propone di portare la loro testimonianza ai giovani per creare le nuove leve di “civil servant,” dirigenti pubblici con le competenze tecnologiche necessarie per governare in futuro lo sviluppo economico del Paese.
Nell’ambito del Network del Club, stiamo cercando di aiutare Nesa a trovare un lavoro adeguato alle sue competenze e, più in generale, a risolvere problemi di inclusione.
Questo vale sia per i casi di immigrazione come quello di Nesa, sia per le lavoratrici che non riescono a conciliare problemi familiari con il lavoro, o per le donne che necessitano di reskilling o upskilling per riconvertirsi a seguito della perdita del lavoro.
La nostra rete di donne è comunque inserita nel Club, che è ancora in prevalenza maschile, perché crediamo che l’affermazione femminile debba operare nei contesti esistenti, aprendoli alla presenza delle donne e non creando organizzazioni esclusivamente femminili in contrasto con un mondo ancora a maggioranza maschile.
il Club partecipa anche alle iniziative dei networking “Inclusione donna” e “ Inspiring fifty italia” .
la Presidente
Maria Pia Giovannini
Trascrizione dell’intervista a Nesa Mohammadi
Maria Pia Giovannini: Ciao Nesa e grazie per essere qui con noi. In occasione della Festa della Donna, il Club ha il piacere di ospitarti per raccontare la tua storia. Nel 2024 abbiamo già avuto un’esperienza con persone provenienti dall’Afghanistan e vorremmo rappresentare il tuo percorso e capire come le persone come te si sono inserite nel nostro Paese e quali difficoltà incontrano. Tu sei tra queste, raccontaci la tua storia.
Nesa Mohammadi: Grazie al Club per questa iniziativa. Sono arrivata dall’Afghanistan tre anni e mezzo fa: nel mio Paese ero direttrice della facoltà di Ostetricia a Kabul e gestivo anche una clinica privata che accoglieva donne incinte e adolescenti che avevano bisogno di assistenza per la propria salute sessuale. Dopo il ritorno dei Talebani abbiamo affrontato enormi difficoltà. Quando dico “noi”, non mi riferisco a tutte le persone afghane, ma specificamente alle donne.
Maria Pia: Raccontaci cosa stai facendo oggi in Italia e quali difficoltà stai incontrando nel mondo del lavoro con la tua professionalità. Sei laureata in ostetricia e hai ricoperto ruoli importanti all’università. Qual è la tua situazione attuale in Italia e quali ostacoli hai incontrato con la tua professione?
Nesa: Attualmente in Italia lavoro come addetta alle pulizie in una scuola, sei ore al giorno. Tutte le donne afghane arrivate qui dopo il ritorno dei talebani hanno affrontato problemi simili. Molte di noi hanno professionalità specifiche: siamo medici, ostetriche, infermiere, e stiamo ancora cercando una strada per lavorare e ottenere il riconoscimento dei nostri titoli di studio. Io sono stata più fortunata di molte altre: ho potuto ottenere il riconoscimento dei miei titoli grazie all’aiuto dell’ASL Roma 6, che mi ha guidato nel percorso con il Ministero della Salute. Il Ministero mi ha rilasciato un decreto che mi ha permesso di presentarmi all’ordine delle ostetriche per sostenere l’esame linguistico, che ho superato, entrando così nell’albo professionale.
Maria Pia: Come mai allora non eserciti la tua professione? Quale ostacolo hai incontrato? Hai il permesso di soggiorno, il riconoscimento dei tuoi titoli, sei a tutti gli effetti equiparata a una cittadina italiana: cosa ti ha impedito di trovare la tua strada?
Nesa: Cerco lavoro ogni giorno. Nei primi mesi andavo di persona in tutti gli ospedali privati di Roma: il Gemelli, la Clinica Casilino, e altre strutture private che mi sono state segnalate dalle mie amiche italiane. Gli ospedali hanno raccolto i miei documenti – curriculum, copia del permesso di soggiorno, carta d’identità – ma nessuno mi ha mai richiamata. Ho anche proposto di fare tirocini formativi. Non mi hanno detto esplicitamente di no, ma nemmeno di sì: tutti mi hanno detto di aspettare. Ho trovato anche 2-3 annunci per posizioni da ostetrica negli ospedali pubblici e ho acquistato i libri per prepararmi ai concorsi, ma non ho potuto presentare domanda perché nei bandi era richiesta la cittadinanza italiana come requisito necessario.
Maria Pia: Queste sono le difficoltà, le irrazionalità del sistema: si cercano professionisti qualificati, negli ospedali manca personale con le tue competenze, eppure i concorsi escludono questa possibilità. È un fatto che ci dispiace molto come donne, perché evidentemente non mettiamo tutte nelle stesse condizioni. Hai riscontrato problemi di inclusione anche in ambito familiare? I tuoi figli hanno difficoltà a scuola, a sentirsi accolti dai compagni?
Nesa: I miei ragazzi non hanno alcun problema, studiano nella comunità salesiana, che è molto attenta alle esigenze degli adolescenti. Abbiamo invece avuto molte difficoltà nel trovare casa. Inizialmente indossavo il velo e quando andavamo con mio marito a cercare un appartamento, questo mi causava problemi. Poi mio marito mi ha fatto notare che ora siamo in un Paese libero e che quindi posso non indossare il velo, come le altre donne italiane.
Maria Pia: Questa è una bellissima conclusione per questa intervista che, nonostante dimostri quanto ancora dobbiamo lavorare per integrare donne del tuo valore nel mondo del lavoro italiano, ci dà speranza. L’inclusione ha ancora molta strada da percorrere. Noi come Club faremo il possibile per aiutarti: solo un esempio del lavoro che vogliamo fare per sostenere le donne di valore che possono portare un cambiamento positivo nella società. Grazie per questa intervista e a presto.
Nesa: Grazie a voi!